La percezione dell’ineffabile

Vista, udito, tatto, gusto e olfatto, inviano continuamente dal mondo esterno informazioni al cervello che elabora questi dati per organizzare una risposta di comportamento adeguata alla sopravvivenza. Sappiamo che il cattivo funzionamento o l’assenza anche di uno solo di questi organi di senso, ci porta a disagi di ogni genere sino a mettere in pericolo la nostra stessa vita e quella degli altri. Questi sono sensi di percezione materiale o strumenti grezzi per il semplice rilevamento dei dati fisici. Tale sistema, che potremmo chiamare “primo livello di percezione fisiologica”, è sopra ordinato da un secondo livello di percezione psicologica che coordina i dati di primo livello, dando loro un senso superiore di valore, il cui risultato emotivo per la coscienza è stato chiamato da sempre valore spirituale. Questo secondo sistema è messo in atto da quattro strumenti “psicologici” di percezione che affiancano e si integrano con i primi, dandoci la “coscienza” dell’essere e cosa è giusto o sbagliato fare. Ogni fenomeno di cui percepiamo l’esistenza è la manifestazione sensibile di una realtà non conoscibile attraverso i sensi.

Da ciò, si può intuire l’importanza dell’interpretazione individuale-coscienziale dell’ineffabile. Ricco di informazioni, concettualmente trasmissibili, l’ineffabile per l’appunto, riesce ad infondere “potere”ai simboli di cui diviene unico principio. Il privilegio del “potere”, tuttavia, è dato a quei simboli il cui profondo significato è riuscito ad essere sempre presente nel continuo fluire storico, pur assumendo interpretazioni diverse ma sempre destinate a ricongiungersi. La raffigurazione della croce e della svastica, ad esempio, sono dei simboli di grosso potere evocativo e nel loro manifestarsi hanno espresso ed assunto valenza di comunicabilità universale, rivolgendosi non solo alla mente ma alla totalità della conoscenza umana.

Bronislaw Malinowski

Quando si parla di potere o della trasmissibilità del suo significato, non si può trascurare il complesso atto della comunicazione al quale Malinowski ha dato la denominazione di “comunione fàtica”. L’assunto fondamentale di questa concezione è che il linguaggio si qualifica come mezzo di comunicazione e si costituisce come artefatto culturale non in astratto e non come struttura, ma in concreto, come funzione, per rispondere a specifiche domande sociali e in forme che dipendono dal contesto d’uso. Come già trattato precedentemente, la caratteristica del simbolo in generale è di essere segno di un referente soggettivo, nel senso che esso ha sede nel vissuto di chi intenziona l’oggetto di valore simbolico, sia esso cosa materiale o artefatto espressivo, verbale o discorsivo. Il Simbolo è poi fàtico se il suo referente, sempre soggettivo, è tale da predisporre o indurre la malinowskiana “comunione fàtica”. Malinowski, in particolare, parla delle “parole della comunione fàtica” come intese a generare un’atmosfera di socievolezza.

Ogni espressione è un atto che serve al diretto scopo di legare gli interlocutori con il vincolo di

Mappa delle Isole Trobriand

questo o di quel sentimento sociale. In questa funzione il linguaggio apparirà non uno strumento di riflessione del pensiero, ma un modo di azione. Malinowski, riporta alcuni esempi di usi linguistici fàtici presso gli abitanti delle Trobriand, (piccolo arcipelago vulcanico del Pacifico a SE della Nuova Guinea) non dissimili, egli dice, da quelli che riscontriamo nel mondo civilizzato. Si tratta spesso di “chiacchiere completamente evulse da quanto si stà facendo, chiacchiere che non esprimono né significati, né sentimenti. La comunione fàtica trasporta sia i selvaggi che i civilizzati nella piacevole situazione di un rapporto sociale ben educato.

“Ben educato” qui significa istituzionalizzato, vale a dire configurato nelle forme atte allo scambio comunicativo. Quelle “chiacchiere” dunque, sono parole e cose di valore simbolico, sono simboli di un terreno comune di tradizione, di un modello della vita che può attivare la conversazione tra sconosciuti, se questi, attraverso l’intenzionamento del simbolo fàtico, si ritrovano nello stesso “contesto di situazione”.

Il Simbolo fàtico inoltre, condivide con il simbolo in generale di “raccordare con” e “rendere presente” il distante, l’assente. Distante e assente fisicamente, ma vicino e presente nei vissuti. Sono questi ad essere evocati dai simboli della scena fàtica e così entrano nell’orizzonte semantico del discorso. Il simbolo è fàtico, se favorisce o supplisce la capacità comunicativa di chi vive nella sua aura. Evocando un comune vissuto, attuale o pregresso, il Simbolo fàtico promuove l’intersoggettività. La pura percezione inoltre, si avvale di una sovradeterminazione sensoriale, grazie alla quale il Simbolo assume molteplici significati, in quanto si determina un sovrappiù di senso. Questo si verifica attraverso un brusco sbalzo, una profonda crepa sulla superficie della significazione ordinaria, una interruzione della pertinenza del continuum discorsivo, che esige un atto di cambiamento. Esso non si configura come sostitutivo del precedente, ma come supplementare, aggiuntivo. Dunque, la donazione del senso non è altro che produzione di nuovo senso, decifrabile come filigrana nascosta di un previo senso comune sedimentato e si realizza in un determinato contesto comunicativo. Se questo è il carattere principale e più affascinante dell’evento simbolico, lo ritroviamo in alcune zone privilegiate dell’esperienza umana: l’esperienza mistica del sacro, l’esperienza straniante del sogno, l’esperienza inebriante del poetico.

[di Annarita Di Santo]

Bibliografia:

Arieti, Silvano, Creatività la sintesi magica, Roma, Il Pensiero Scientifico Editore, 1990.

Malinowski, Bronislaw Kasher, Il problema del significato nei linguaggi primitivi, Milano, Garzanti, 1975, (Orig. 1923).

Jung, C.G., Bene e male nella Psicologia Analitica, Torino, Bollati Boringhieri, 1993.

Jung, C.G., Gli archetipi e l’inconscio collettivo, Torino, Bollati Boringhieri, Opere Vol. 9a, 1980.

Jung, C.G., La vita simbolica, Torino, Bollati Boringhieri, 1993.

Symbolon, Rivista semestrale dell’Associazione per lo studio del tema “Simbolo Conoscenza Società”, Università di Siena, Edizioni Micella, n°1-2, 1996.