Il Dodecaedro Romano: antico, affascinante, enigmatico

Il fare di ogni essere umano è costituito quotidianamente da migliaia di azioni, mediante le quali è possibile compiere ogni tipo di esperienza.

Paleolitico: il chopper

Ognuno di noi, ogni giorno, entra in contatto con un numero assai elevato di oggetti e utensili, a scopo di utilizzo. Sin dalla notte dei tempi, la realizzazione di quest’ultimi da parte dell’uomo stesso, gli ha permesso di raggiungere più agevolmente gli scopi prefissati.  Il principio della nascita di tali strumenti è alla base dello sviluppo dei processi cognitivi e all’inizio dell’evoluzione umana. Il legame tra strumenti e sviluppo della specie umana, è centrale per la ricerca archeologica e paleoantropologica, attraverso il loro studio, infatti, si è sempre cercato di caratterizzare, passo dopo passo, l’evoluzione del pensiero e delle capacità celebrali dell’essere umano. Il continuo rapporto tra uomo ed utensili segna l’inizio del Paleolitico Inferiore e i primi utensili litici vennero realizzati dall’Homo Habilis quando iniziò a scheggiare la pietra. Il cosidetto chopper, un ciottolo scheggiato, risulta essere il più antico utensile mai rinvenuto e viene datato a circa 2 milioni di anni fa. In seguito, con l’Homo Erectus, l’invenzione venne raffinata arrivando a creare la prima ascia a mano, un’evoluzione del chopper.

Molteplici studi e scoperte confermano, tuttavia, che questo utensile non sia stato né il primo, né tantomeno il più antico. Diversi arnesi sono stati ritrovati, la cui datazione coincide con un periodo molto antecedente la nascita del genere Homo. L’artefice di tali strumenti è tutt’ora avvolto nell’ombra, nonostante vi siano delle ipotesi da confermare al riguardo.

Non è la prima volta però che dei manufatti ritrovati, seminino il dubbio tra ricercatori e studiosi per problemi legati alla loro corretta datazione e la loro funzione storica. Tale problematica, infatti, dopo innumerevoli ritrovamenti di difficile collocazione temporale, ha assunto un nome e una prerogativa tutta propria. Denominata OOPART (Out Of Place ARTifacts) letteralmente “manufatti fuori posto”, tale categoria, fa riferimento a tutti quegli oggetti anacronici, ossia che non hanno una determinata collocazione cronologica. Ad oggi, numerose ricerche hanno provato la funzione e la datazione di molti OOPART: il più famoso di questi è il meccanismo di Anticitera, un meccanismo per il calcolo astronomico, la cui datazione, risalente all’87 a.C., è stata provata e confermata, dimostrando così una conoscenza aggiuntiva degli antichi greci. Molti oggetti, inoltre, vennero erroneamente classificati come OOPART, ricordiamo ad esempio il géode di Coso o semplicemente dei falsi storici come il vaso di Dorchester.

Esistono “manufatti fuori posto” che hanno fatto luce su numerose tecniche e conoscenze artigianali di molti popoli, uno di questi è: la coppa di Licurgo.

Coppa di Licurgo

Risalente a 1600 anni fa, questo calice, dimostra che gli antichi artigiani romani erano pionieri nell’utilizzo di quelle che oggi chiamiamo nanotecnologie. Si, perchè la miscela di cui è composto il vetro di tale calice, risulta essere formata da particelle di oro e argento di 50 nanometri di diametro. Il vetro, poi, irragiato da una fonte luminosa, cambia colore variando dal verde giada al rosso. Questa è la riprova della precisione e della cura che i romani impiegavano nella costruzione dei propri oggetti. Essi, infatti, si avvalevano di molteplici tecniche, conoscenze e strumenti per realizzare finemente i loro manufatti. Molti di questi, ad oggi, sono catalogati e conosciuti, eppure ve n’è uno il quale scopo rimane tuttora un mistero nonostante i molteplici studi svolti. L’artefatto in questione è: il Dodecaedro Romano.

Dodecaedro – Gallo-Romeins Museum Tongeren
Fonte foto: exploratorium galloromeinsmuseum

Questo piccolo enigmatico manufatto cavo, di dimensioni massime di 11 centimetri, è composto da dodici facce pentagonali piane, ciascuna con fori centralizzati di diametro diverso e presenta delle sfere di simil dimensioni in ogni vertice. E’ stato realizzato in bronzo, la lega principale del periodo romano composta da stagno e rame, due metalli di uso frequente e comune ma sono stati rinvenuti anche in pietra e si stima risalgano al II o III secolo d.C. I siti presso i quali  sono stati rinvenuti sono numerosi e si estendono in tutta Europa, allora territorio romano: sono stati trovati in Germania ed in Francia con maggiore frequenza, ma anche in Ungheria, in Spagna e nel Galles. Esemplari di dodecaedri romani sono tenuti in mostra presso il museo Gallo-Romano di Tongeren, antica Atuatuca Tungorum, in Belgio, possiamo trovarli anche presso il castello di Saalburg, in Germania ed al British Museum, a Londra.

La mancanza di resoconti scritti da parte dei romani, rende difficile concernere la funzione del dodecaedro romano ai giorni nostri ed è possibile solo attuare delle ipotesi al riguardo per cercare di discernere questo mistero irrisolto. La più recente di queste proviene dalla Professoressa Amelia Carolina Sparavigna, del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia, al Politecnico di Torino, la quale sostiene che il dodecaedro romano fosse utilizzato come strumento per la misurazione delle distanze, in particolar modo nei campi di battaglia e quindi a scopo militare, un prototipo, quindi, di quello che oggi è il telemetro.

Abbiamo inoltre l’ipotesi di John Ladd, un ingegnere statunitense che pensa che il dodecaedro fosse utilizzato per la progettazione delle armi e la fabbricazione di proiettili. Secondo quest’ipotesi, esso veniva immerso in un fluido e, attraverso la Spinta di Archimede, si poteva intuire la deviazione della traiettoria dei proiettili. Tuttavia, i dodecaedri non sempre sono stati rinvenuti nei campi di battaglia e ciò non avvalora l’ipotesi di Ladd.

Così c’è chi pensa che questi utensili potessero avere una funzione astronomica, Sjra Wagemans, della DSM Research, ha determinato gli equinozi di primavera e di autunno attraverso una copia di un dodecaedro in bronzo. Lontano da Roma, il raccolto era fondamentale per l’impero, e riuscire a controllare al meglio il ciclo agricolo era essenziale per il suo sostentamento. Così Wagemans, attraverso questa sperimentazione, ha dimostrato questo possibile utilizzo.

Sappiamo per certo che gli agrimensori romani si avvalevano di molti strumenti per ottenere misure pressoché perfette su terreni livellati, ma quando questi presentavano ostacoli o interruzioni attraverso corsi d’acqua e quant’altro, allora nasceva la necessità di uno strumento diverso, più adatto alle diverse situazioni imprevedibili che si potevano trovare in natura. E’ così che l’archeologo e studioso della centurazione romana, Giuseppe Sgubbi, ci presenta la sua ipotesi riguardante uno strumento di misurazione. L’attrezzo ideale per tali misurazioni sarebbe il dodecaedro romano, che attraverso i suoi fori potevano ricavare misure precise in qualsiasi situazione; un tele passus o un tele actus. Evidenzia anche il fatto di come i fori possano essere stati aggiunti solo in epoca romana, poiché, prima di essi, i dodecaedri rappresentati da Pitagora e Platone in epoca greca, ne fossero sprovvisti.

Raffigurazione dei quattro elementi (da sinistra) terra, acqua, aria e fuoco, con le sfere alla base rappresentanti i simboli dell’alchimia.

Proprio Platone, dedicò molti dei suoi studi alla figura del dodecaedro in sè per cercare di comprendere i segreti legati a questo poliedro regolare. Nel Timeo, una delle sue ultime opere, Platone instituisce una relazione tra i poliedri regolari (chiamati in seguito “solidi platonici“) ed i cinque elementi di cui si compone l’universo. Per Platone la Terra viene attribuita all’esaedro, l’acqua all’icosaedro, l’aria all’ottaedro ed il fuoco al tetraedo, e per decorare l’universo, Dio, si servì del quinto elemento, ossia dell’etere, e ad esso viene attribuito il dodecaedro. Sin dall’antichità, i filosofi vedevano nella matematica un linguaggio per esprimere la natura dove questi poliedri sembrano essere sempre presenti, come nei cristalli di cloruro di sodio o floruro di calcio che spontaneamente si dispongono in queste forme. I filosofi si sono sempre interrogati sul perchè di queste cinque forme e giunsero a conclusioni che comprendevano, oltre alla matematica, l’idea filosofica sottesa a quest’ultima e persino il misticismo. Queste forme assumono molti significati ed esotericamente, il dodecaedro, rientra nella geometria sacra e rappresenta l’energia che scorre nel corpo umano. E’ l’unico solido in grado di contenere sia il numero 5 che il numero 12, numeri sacri ai romani, e secondo molti studiosi queste considerazioni sono necessarie per comprenderne la sua vera funzione.

Lo studio di un artefatto così misterioso presuppone la possibilità di analizzarlo nel suo sviluppo integrale, non solo a livello fotografico e schematico ma soprattutto in un ambiente tridimensionale. La creazione di un modello 3D ha lo scopo di creare uno strumento analitico di precisione alla portata di chiunque, permettendo così la possibilità di confrontare più opinioni diverse. Una delle principali applicazioni rese possibili dalla modellazione tridimensionale del dodecaedro romano, è la visualizzazione dei diversi prospetti di quest’ultimo in un’unica soluzione.

Mediante il software Autodesk Maya, un software di computer grafica 3D caratterizzato dall’alta qualità degli strumenti di modellazione, animazione e rendering, è stata possibile una ricostruzione delle volumetrie del dodecaedro romano nei minimi dettagli, rispettandone le misure realistiche.

Partendo da una “primitiv dodecaedro”, si è provveduto a suddividerla molteplici volte, tramite un’azione “add division”, funzione che suddivide le superfici in ulteriori “edge” ottenendo vertici a densità, fino a raggiungere una risoluzione ideale per poter procedere nella lavorazione di dettaglio. Un “multi cut”, ci ha permesso di disegnare con precisione le geometrie desiderate.

In ogni faccia dell’oggetto, poi, sono state aggiunte delle selezioni di circonferenza di diametro variabile, le quali hanno svolto la loro funzione di “difference” (ritaglio).

Per ottenere, in seguito, le caratteristiche “sfere” ad ogni spigolo, si è proceduto, dapprima, nell’estrudere parti della mesh in prossimità degli angoli mediante la funzione di extrude al fine di generare l’elemento di raccordo concavo, per poi proseguire ulteriormente nell’estrusione della parte apicale di quest’ultimo, fino ad ottenere gli sferoidi desiderati.

 

Mapping and texturing

Su di una rappresentazione in “esploso” 2d (mapping), sono stati applicati i corretti materiali di “texturing”, nel nostro caso, sono stati impiegati molteplici livelli di materiali differenti, al fine di conferire al modello l’aspetto più realistico ottenibile.

Con esattezza, tre livelli di mateirali; bronzo di base, patina di bronzo invecchiata, ossido di rame e due di danneggiamenti, asperità e impurità.

Un “import” della progettazione ottenuta in un viewer di ultima generazione, ha consentito e consente all’utente, di usufruire della rappresentazione grafica tridimensionale e di poterla visionare nelle sue textures più interessanti.

 

Bibliografia:
“La storia di mistero: il proposito di antica Dodecahedron Remains Secret” da Alessandra Hein, Fox News, 10 GIUGNO 2011.
Artmann B., A Roman icosahedron discovered, “The American Mathematical Monthly”, vol. 103, n. 2, (febbraio 1996), pp. 132-133.
Carmelo G. Malacrino – Ingegneria dei Greci e dei Romani – San Giovanni Lupatoto (VR) – Arsenale Editrice – 2010.
Cremo. M.A., Thompson, R.L. (1994-1997) Utensili nel Neolitico nella corsa all’oro in California: Archeologia Proibita: la storia segreta della razza umana. Pgg. 138-145.
Kathy D. Schick e Nicholas Toth, Making Silent Stones Speak: Human Evolution and the Dawn of Technology. Simon & Schuster, New York 1993.
Kostov, R1 2014. artefatti Pentagono dodecaedriche e icosaedrica nell’antichità: 3D simmetria di cinque volte applicate ai beni culturali. Annuale dell’Università di arte mineraria e geologia “S. Ivan Rilski”, vol. 57, parte IV, umanitario e Scienze economiche, 23-27.
Massimo Corradi, I Quattro Elementi: Aria, Acqua, Terra E Fuoco, 2008, p. 64.
Massimo Polidoro, Enigmi e misteri della storia. La verità svelata, Piemme.
Maya. Guida Completa: 1 – Strippoli, Roberto – 31 Gennaio 2009.
Micheal Guggenberger (2013) The Gallo-Roman Dodecahedron, the Mathematical Intelligencer, Vol. 35, Dec. 2013, Iss. 4, pp 56-60.
Quadrivium. Numero, geometria, musica, astronomia, Sironi Editore, 2011, p. 144.
Sparavigna, A.C. (2015). Un dodecaedro romano come strumento per misurar distanze. PHILICA Article number 460.
Stefano Bagnasco, Andrea Ferrero e Beatrice Mautino, Sulla scena del mistero. Guida scientifica all’indagine dei fenomeni inspiegabili, Milano, Sironi, 2010.
T.E. Rihll – Greek and Roman Science and Technology: Engineering – Swansea University – 2007.